Con l’ordinanza n.13735 del 2 maggio 2022. la Corte di Cassazione torna ad esprimersi sul concetto di “segregazione” del patrimonio delle c.d. “società veicolo” (SPV, “special purpose vehicle”), cioè quelle società appositamente previste dalla Legge 130/1999 nelle operazioni di cartolarizzazione, che emettono sul mercato titoli destinati al finanziamento per l’acquisto di crediti dell’originator (creditore cedente) e che si obbligano nei confronti dei propri investitori a rimborsare il finanziamento ricevuto mediante il flusso derivante dall’incasso di tali portafogli.
Proprio a causa di tale struttura negoziale, già la L.130 del 1999, la dottrina italiana poi (e ancora) e l’Unione Europea nel 2017 hanno introdotto principi e strumenti a tutela degli equilibri alla base di tali operazioni.
Infatti, se da una parte le operazioni di cartolarizzazione agevolano le Banche (e le Società finanziarie) nel rischio del credito (facilitando la raccolta di denaro per determinate posizioni), dall’altra offrono titoli sicuri al pubblico investitore.
Tale sicurezza deriva innanzitutto dal fatto che l’oggetto sociale e lo scopo delle “società veicolo” (SPV) è -e deve essere- unicamente quello di realizzare tali operazioni di cartolarizzazione e di stipulare ovviamente contratti con altri soggetti la cui attività è necessaria al recupero del credito di cui sono cessionarie.
Dall’unicità di tale oggetto deriva il concetto di segregazione (o separazione) del patrimonio delle SPV. Infatti, proprio perché le operazioni di cartolarizzazione vedono necessariamente il coinvolgimento di investitori che finanziano l’acquisto a fronte di titoli, il patrimonio costituito dai crediti oggetto di cessione non può essere aggredibile da soggetti estranei a tale rapporto.
La destinazione di tale patrimonio, come previsto espressamente nella L. 130/99, è vincolata al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per ottenere il finanziamento, necessario all’acquisto dei crediti, nonché naturalmente al pagamento dei costi di gestione. Con l’ordinanza succitata, la Corte di Cassazione avalla e conferma tale principio, aggiungendo un elemento di tutela ulteriore, negando ai debitori ceduti anche la possibilità di opporre in compensazione crediti sorti successivamente alla cessione e, addirittura, di svolgere domande riconvenzionali, quindi avanzare pretese e richiedere condanne al pagamento di somme, nei confronti della SPV: “consentire ai debitori ceduti di proporre in compensazione, al cessionario, controcrediti da essi vantati verso il cedente…e addirittura consentire, come nella specie, la proposizione di domande riconvenzionali, significherebbe andare ad incidere in modo imprevedibile, su quel patrimonio a destinazione vincolata, scaricandone così le conseguenze sul pubblico dei risparmiatori, ai quali spetta, invece in via esclusiva, il valore del medesimo” in quanto possono essere esposti solo al rischio del mancato incasso o dell’inesistenza del credito.
Rischi che, in realtà, il Paese pare sempre più pronto a scongiurare, considerato che in data 5 maggio 2022, il Consiglio dei Ministri ha approvato in sede preliminare, le disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento UE 2017/2402.
Infatti, il Regolamento fornisce un vero e proprio reticolato normativo fondato su principi di trasparenza e semplicità che devono ispirare le operazioni di cartolarizzazione e le SPV, per le quali dovrebbe istituirsi un albo ad hoc, al fine di garantire la protezione dei finanziatori attraverso strumenti informativi tempestivi e veritieri (due diligence, risk retention) per agevolare un consapevole investimento nell’operazione.
Come ha dichiarato il consiglio dei Ministri nel comunicato stampa, l’adeguamento a livello nazionale di tale riforma europea risponde alla necessità di rilanciare il mercato delle cartolarizzazioni di qualità per garantire la protezione degli investitori e ridurre i rischi nel settore bancario.

Articolo pubblicato dall’avv. Rosalba Policicchio
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